(Ovvero l’inizio della fine!)

Buongiorno a tutti.

Oggi vorrei condividere con voi un momento della mia quotidianità professionale che riesce quasi sempre a strapparmi un sorriso. Vi confesso che in realtà sono diversi anni che ne discuto sorridendo con molti colleghi nelle mie stesse condizioni, ma oggi ho deciso di parlarne a tutti voi per squarciare questo fastidioso velo di silenzio.

Mi riferisco ovviamente a quello che succede quando qualcuno mi chiede che lavoro faccio.

Eccovi alcune possibili risposte in ordine crescente di fantasia.

Risposta numero uno: il mago.

Oh, ma ora non comincerai mica a leggermi nella mente? Dai, vediamo se ci riesci, a cosa sto pensando?

Ovvero quando la Psicologia potrebbe essere confusa con la telepatia!

No mi dispiace, ma la laurea non dà accesso a poteri soprannaturali, purtroppo.

Risposta numero due: il sognatore.

Oh ma dai, bella la psicologia… Senti, io faccio spesso questo sogno, cosa significa?

E giù con racconti di ore su sogni improbabili con protagonisti che vivono esperienze al limite dell’umana comprensione.

Mi dispiace, purtroppo non funziona così, non si possono interpretare i sogni senza sapere nulla della vita di una persona, e comunque, al di fuori del mio studio, non sto lavorando e probabilmente non avrò molta voglia di provare a capire cosa significa sognare un dinosauro volante che mangia un gelato al lampone.

Ma voi non demordete e continuate a provarci, mi raccomando. Alla centesima volta potreste essere i fortunati vincitori di un viaggio per due persone negli studi della DreamWorks Pictures.

Risposta numero tre (se posso permettermi, la mia preferita in assoluto): il collega.

Grande, oh ma lo sai che anche io avrei sempre voluto studiare psicologia? Perché sai, in fondo, anche io sono sempre stato un po’ psicologo.

Fantastico, è sempre bello incontrare un collega.

Qualcuno che può capire la strada che hai dovuto percorrere.

Qualcuno che come te ha preso una laurea triennale; una specialistica; ha fatto un anno di tirocinio; ha superato un esame di stato, e tutto questo solo per abilitarsi all’esercizio della professione di psicologo.

Dopodiché si è iscritto ad una scuola di specialità in psicoterapia con le lezioni al sabato e alla domenica un weekend sì e uno no per quattro anni, in cui, oltre alle lezioni, ha intrapreso un percorso di analisi tre volte alla settimana e una volta alla settimana si è sottoposto alla supervisione dei colleghi rispetto al tirocinio gratuito che ha svolto per tutti e quattro gli anni di scuola.

E che dopo dieci anni (come minimo) di formazione è riuscito a coronare il suo sogno e diventare finalmente psicoterapeuta.

Ah no?

p.s. Nessun paziente è stato maltrattato nella stesura di questo post.